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Filoncino di semola di grano duro: quando Gino incontra Sara…

…la cucina prende vita…la cucina profuma di pane!
Ero bambina, e la mattina alzandomi, il profumo del pane caldo sfornato da poco, quel pane che papà aveva appena riportato dal forno e che aveva lasciato sul tavolo della cucina, era un richiamo a cui difficilmente potevo resistere e ancor più difficilmente potevo trattenermi dallo staccare un pezzo di crosta croccante, magari cercando un angolino poco visibile alla vista, tanto per non lasciare tracce troppo evidenti!
Ero ancora più piccola, troppo per ricordare tanti piccoli dettagli, ma non tanto da dimenticare quella cucina di campagna dove un grande camino scaldava le fredde serate invernali e teneva compagnia, e dove un enorme tavolo di legno la faceva da padrone al centro, raccogliendo intorno a sè tutta la famiglia per il pranzo della domenica. Quel tavolo che per me era quasi magico con le sue “soprese” nascoste. La nonna lo aveva fatto fare appositamente dal falegname per racchiudere all’interno i suoi fidi aiutanti: un lungo matterello (che ahimè non so che fine abbia fatto!) con cui tirare la sfoglia a forza di braccia, un piccolo tagliere e una grande spianatoia che adesso custodisco gelosamente come un tesoro. 
E su quella spiantaoia, sempre a forza di braccia e con olio di gomito, impastava il pane, la mattina presto, con me che le gironzolavo fra le gambe, montavo su una sedia e la guardavo stupita e meravigliata:
“nonna ma pecchè lo meni cotì? No’glifai male?” quando sbatteva la pasta sulla tavola
“no tesoro, non gli faccio male. Così il pane viene più buono e la mollica più soffice” rispondeva lei con la sua voce dolce e pacata.
E poi a lievitare sotto una copertina, al calduccio. 
Tante ore di attesa, magari una sbirciatina di soppiatto, non vista (forse!) e poi via in forno per la cottura, uno scoppiettante forno a legna dietro casa, da cui il profumo del pane si diffondeva tutto intorno e da cui uscivano calde e fragranti le “gemelline”. Così la nonna chiamava i piccoli panini accoppiati che preparava apposta per me.
La nonna non aveva anche lei un Gino. Il suo asso nella manica era una pallina di pasta della panificazione precedente che lasciava seccare all’aria su un piattino. Il suo ricettario l’istinto e l’esperienza.
Io, insieme a Gino, ho avuto l’aiuto anche di Sara
Tra i due è nata un’amicizia profonda che li porterà lontano…spero!
L’olio di gomito lo ha messo il fido Ken, più facile la vita. 
Ma la spianatoia, quella sì era di nonna. 
E mi piace pensare che sia stata lei, con il suo calore e il suo carico di ricordi, a coccolare il mio impasto durante la lievitazione, ad accarezzarlo durante il riposo e la formatura per far sì che dal forno, quello di casa, uscisse un filone dorato, dalla mollica soffice e dalla crosta croccante come mai prima d’ora.
Questo per me è la cucina: profumi, ricordi, passione.
Ed è con gioia e con onore che partecipo con questo piccolo contributo al nuovo blog “A tavola con Lube” come prima di me hanno già fatto Caris, Teresa, Tinuccia, Daniela e CranBerry.
LUBE: la cucina di chi ama la cucina. Magari un giorno anche la mia.

[ricetta adattata da qui]

FILONCINO con SEMOLA di GRANO DURO
Tempo di preparazione        40 minuti
Tempo di cottura               50 minuti
Tempo passivo                  11 ore
Porzioni                            10-12 persone

Ingredienti per 1 filone da circa 800 gr
600 gr di farina di semola rimacinata di grano duro
• 150 gr di LM rinfrescato un paio di volte (in alternativa 12gr di lievito di birra fresco)
• 400 gr di acqua
• 1 cucchiaino di miele di acacia
• 10 gr di sale

Procedimento
1. Sciogliere il LM nell’acqua a temperatura ambiente (circa 20-22°C), unire la farina setacciata, impastare qualche minuto quindi aggiungere il miele ed il sale.
Lavorare fino ad ottenere un composto omogeneo, liscio ed elastico: ci vorranno circa 25 minuti.
2. Trasferire l’impasto sulla spianatoia infarinata, dare la forma di un filoncino, mettere su una placca infarinata e praticare sulla superficie dei tagli obliqui e profondi circa 1 cm con un coltello seghettato (io ho trasferito l’impasto sulla spianatoia, l’ho coperto con pellicola e lasciato riposare 50 minuti; ho dato due giri di pieghe tipo 2 senza stringere troppo, coperto di nuovo e fatto riposare ancora 50 minuti; infine ho dato la forma di un filoncino e praticato i tagli. Non sono però andata molto a fondo e infatti le incisioni si sono quasi perse del tutto in cottura).
3. Coprire il pane con un canovaccio (o della pellicola per alimenti) e lasciarlo lievitare fino a che avrà raddoppiato il proprio volume (io l’ho lasciato nel forno spento con la luce accesa per tutta la notte, circa 9 ore ed è quasi triplicato).
4. Cuocere in forno caldo a 220°C per i primi 15 minuti (ho posizionato la griglia alla seconda tacca dal basso), quindi abbassare la temperatura a 180°C e proseguire la cottura per altri 35 minuti (il pane sarà cotto quando picchettandone il fondo con le nocche, produrrà un suono sordo).
5. Sfornare e lasciar raffreddare su una griglia.

Note
* Usare semola RIMACINATA di grano duro, che ha una grana più fine ed è quindi più adatta per la panificazione, e non la normale semola di grano duro adatta solo per la pasta fatta in casa.
* Setacciare la farina aiuta ad incorporare ossigeno, facilitando la lievitazione.
* Se si preferisce una crosta più croccante, lasciar raffreddare completamente il pane nel forno spento, appoggiandolo in verticale contro la parete del forno stesso.

Un grazie speciale a Elena D’amato, consulente della LUBE, per avermi reso partecipe di questo bellissimo progetto

Un abbraccio e buona settimana a tutti…

FedericaDM:
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